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23 novembre 1980


La sera del 23 novembre 1980, alle ore 19.34, una violenta scossa sismica interessò vaste aree della provincia potentina e avellinese, segnando definitivamente la storia e lasciando profonde cicatrici nella memoria collettiva dei luoghi colpiti. A distanza di quarant’anni tanto è stato prodotto dal punto di vista storiografico sui drammatici momenti del terremoto, sulla macchina della solidarietà che si mise in moto, non senza qualche iniziale difficoltà, nei giorni dopo la tragedia, sulla memoria di chi sfortunatamente visse da protagonista quegli eventi e, infine, sulla fase della ricostruzione post sisma, fatta di tante ombre e poche, anzi pochissime, luci. Ma la ricostruzione storica di quella drammatica pagina del nostro paese non può dirsi conclusa. Esistono ancora pezzi di quell’intricato puzzle storico che non hanno trovato il loro posto. Lo sfoglio delle carte conservate presso l’Archivio della Cgil Basilicata ce ne restituisce uno. I documenti conservati nell’archivio ci permettono di ricostruire il ruolo, per molti versi centrale, che i sindacati, allora uniti nella Federazione unitaria, seppero interpretare nei tragici giorni dopo il sisma e nella complessa fase della ricostruzione.

La scesa in campo delle forze sindacali prese forma a distanza di poche ore dal drammatico evento. La Federazione Unitaria CGIL-CISL-UIL di Roma fu tra le prime organizzazioni ad accogliere il sentito appello alla solidarietà lanciato da un provato presidente Pertini di fronte alle telecamere del Tg2 la sera del 25 novembre, al ritorno dalla sua visita alle zone terremotate. Per mezzo di una totale mobilitazione di tutte le sue strutture e un complesso sforzo organizzativo la Federazione Unitaria CgIl, Cisl e Uil riuscì ad attivare un generale moto di solidarietà che coinvolse i lavoratori e le sigle sindacali di tutta Europa. Avviò una capillare raccolta di beni di prima necessità tra gli iscritti, aprì un dialogo con le organizzazioni padronali allo scopo di effettuare la trattenuta per il corrispettivo di quattro ore di lavoro sulla busta paga di novembre per i lavoratori che intendessero donarlo alle zone terremotate e infine stimolò la solidarietà delle principali organizzazioni sindacali europee. Aiuti arrivarono dalla Confédération Générale du Travail , da Solidarnosc, dall’Austrian Trade Union Federation, dai sindacati inglesi e dalla confederazione sindacale Norvegese, solo per citare alcuni tra le più note.
La conta, sicuramente approssimata al ribasso, degli aiuti raccolti restituisce lo sforzo organizzativo messo in campo. La Federazione Unitaria riuscì ad inviare nelle aree terremotare duecento camion di generi alimentari, cento camion e diciassette autotreni di abbigliamento, sette camion di materiale da campeggio, 180 camion di generi vari, due camion di materiale elettrico, un camion di prodotti per l’igiene, tre camion di stufe, medicinali per complessivi ottanta quintali.
Al fine di evitare sprechi, particolarmente frequenti nei concitati giorni dopo la tragedia, il sindacato si occupò direttamente della distribuzione di quanto raccolto. I magazzini da esso gestiti si riempivano con la doppia firma di un Segretario confederale lucano e di un tenente colonnello delle forze dell’ordine e con la doppia firma si svuotavano. Fu questa una collaborazione utile ad evitare arbitrarietà e ingerenze di vario tipo che invece non mancarono nella distribuzione di aiuti di altra provenienza. Per gestire il tutto la federazione unitaria si dotò di un coordinamento nazionale CGIL CISL e UIL composto da diversi gruppi di lavoro: uno con compiti di segreteria e gestione del sistema informatico; uno incaricato di amministrazione il fondo di solidarietà costituito con le offerte dei lavoratori e uno per il coordinamento dei lavoratori volontari e dei tecnici volontari. Furono tredicimila, infatti, i lavoratori specializzati che il sindacato fece arrivare nelle zone terremotate: ingegneri, infermieri, medici, geometri, muratori, elettricisti, idraulici e autisti.
I fondi raccolti dal sindacato dopo la prima fase di emergenza furono invece destinati alla creazione dei centri sociali, luoghi immaginati per come futuri incubatori di una socialità intesa come primo passo per un ritorno alla normalità.

Sul piano politico il sindacato si impegnò fin dall’inizio nella denuncia dei ritardi nei soccorsi e soprattutto dell’assenza di un coordinamento da parte delle autorità preposte alla programmazione e alla pianificazione degli interventi, accompagnandola però con proposte concrete per affrontare i problemi posti dall’emergenza. La Federazione Unitaria dei trasporti, ad esempio, suggerì l’utilizzo di duecento carrozze ferroviarie come primo ricovero alla popolazione sinistrata.
Il totale impegno nella fase emergenziale, caratterizzata dalla necessità di accorciare i tempi il più possibile e da un’elevata complessità gestionale, non distolse però il sindacato dal suo scopo genetico, ovvero la tutela del lavoro, in un quadro dove il lavoro non c’era più.
I segretari confederali dopo aver visitato le zone terremotate, lanciarono un appello alle istituzioni affinché favorissero in tutti i modi la ripresa delle attività lavorative in tutti i posti di lavoro dove ciò fosse materialmente possibile, soprattutto nei servizi pubblici e nel commercio, anche al fine di non aggravare ulteriormente il disagio delle popolazioni. Lanciarono la proposta di un servizio del lavoro, con lo scopo di impiegare disoccupati e giovani momentaneamente inoccupati nella rimozione delle macerie e nel successivo ripristino delle abitazioni e delle strutture produttive, impegnandosi nella compilazione di liste comunali. Proposero inoltre la predisposizione «di un progetto di emergenza di riassetto idro-geologico-forestale» allo scopo di impiegare migliaia di lavoratori forestali. Aprirono, infine, un tavolo ministeriale per favorire l’attivazione della Cassa integrazione guadagni per circa 23.000 lavoratori sfollati.
Il centro Unitario Patronati si mise al servizio delle popolazioni terremotate, offrendo loro aiuto per la corretta compilazione e presentazione delle domande necessarie per ottenere le provvidenze. Si organizzarono unità mobili su pulmini in grado di raggiungere anche centri abitati più piccoli.

Ma la partita più grande che si profilava all’orizzonte delle istituzioni nazionali e locali e delle parti sociali era la ricostruzione post sisma. La sfida era uscire dall’emergenza e avviare la fase della ricostruzione, ma farlo con un chiaro programma di sviluppo e di crescita. Come si può leggere nelle pagine della rivista della Cgil Rassegna sindacale: «per il sindacato, guardare in faccia al terremoto voleva certo dire intervenire, come aveva fatto e stava facendo nella fase dei primi soccorsi, ma soprattutto voleva dire intervenire nella fase della ricostruzione». Il tema fu affrontato per la prima volta durante il Consiglio generale CGIL tenutosi ad Ariccia nei primi giorni di dicembre del 1980. La ricostruzione poteva e doveva diventare l’occasione per affrontare definitivamente ed efficacemente il ricorrente tema delle aree interne, da sempre parte più debole del tessuto produttivo e sociale lucano, superare gli squilibri tra queste e le fasce costiere, favoriti anche dalla scelta dei poli di sviluppo perseguita dalle politiche straordinarie per il Mezzogiorno, e promuovere finalmente un processo di riassetto territoriale.

Nonostante gli sforzi profusi e la costante attività di denuncia, oggi testimoniata da volantini, manifesti e documenti, il sindacato perse la sua sfida più importante. È storia ormai nota come la ricostruzione si tradusse nella più grande occasione sprecata dei territori coinvolti dal sisma. Il processo di ricostruzione fu profondamente segnato dal proliferarono della corruzione, della speculazione e del malaffare e la gestione dei fondi della famosa legge 219 divenne oggetto, anni più tardi, di inchieste giornalistiche, giudiziarie e parlamentari.

Numeri e nomi della tragedia

La ricostruzione post sisma attraverso i manifesti della Federazione Unitaria CGIL CISL e UIL

Manifesto

Le denunce dei sindacati

comunicato stampa 1

I Centri Sociali: l'impegno della Federazione Unitaria a favore delle aree terremotate

comunicato stampa 1

Voci dal cratere